Biografia | Dipinti | Contatti | Articoli | Home

Articoli e commenti

 

- Commento Di Roberto Baglioni inerente la mostra digitale "L' Acqua" (2016)


Mi prendo dieci minuti per scrivere volentieri qualcosa sul digital painting di Najat.
Conosco Najat da molti anni, conosco in particolare la sua pittura diciamo "analogica" , o tradizionale, materica se preferite. Tempo fa mi ha comunicato con un certo entusiasmo la sperimentazione della sua pittura digitale, spiazzandomi alquanto. Non mi ha spiazzato il suo coraggio di confronto con la contemporaneità : Najat da sempre si misura con ogni tipo di confronto, emotivo, sociale, culturale, drammatico, dimostrando sempre grande capacità di adattamento e atteggiamento filosofico nei confronti della vita. Per questo provo una particolare ammirazione: trovo la sua quiete interiore rassicurante e saggia. Quello che mi ha sorpreso invece è come il risultato digitale non abbia affatto tradito l' aspettativa, ovvero come il nuovo mezzo si sia rilevato solo uno strumento "altro" per la creazione di un "linguaggio di luce" che in Najat è consueto. Ancora di più mi ha sopreso la scelta di utilizzare il social network per la condivisione di questo esperimento digitale, riuscendo a coinvolgerci e incuriosirci: quanti di noi sono in trepidante attesa di vedere quale opera oggi ci accompagnerà la giornata, quali commenti verranno espressi, quale confronto verrà suggerito. Ci sentiamo un po' tutti presi da questo gioco e Najat ci conduce per mano in un labirinto nel quale ci perdiamo volentieri: un mondo fatto di grazia, di luce, di energia. Najat ama la vita sopra ogni cosa e ci insegna con grande modestia che la vita vale la pena di essere vissuta, anche per un solo istante, con una consapevolezza artistica. Quanti di noi si affannano nel vano rumore, nella frenesia, schiacciati da imposizioni e disumanizzazioni quotidiane? Fermarsi a percepire queste opere, che sono virtuali solo nel mezzo, vuol dire assaporare un po' di poesia, farsi deliziare da quella musica che accompagna i colori, scoprire in quei segni una nuova forma di scrittura: prendiamoci il tempo per goderci un' opera di Najat e per scoprire in noi stessi una nuova sensibilità, oltre il vuoto morale che ci circonda.
A me personalmente mancherà molto questo piccolo "viaggio quotidiano fuori dal quotidiano", cui Najat ci ha abituati. Ma il suo messaggio è proprio questo: farci capire che senza l' espressione artistica la vita ha poco senso. Grazie, caro amico, per questo viaggio e per il cammino che ci suggerisci.

Roberto Baglioni.

 

- Presentazione a cura di Antonio Lopinto (Mostra personale allo Spazio Uno, Firenze 1979)


27.036 abitanti e pochissime risorse: Arbil, città dell' Iraq nord-occidentale, il paese dell'antica Babilonia e della grande Baghdad, un tempo espressione di ricchezze colossali e di verdi pianure, oggi caratterizzato da un clima aridissimo e da un petrolio riservato a pochi privilegiati. In un clima siffatto, ad Arbil appunto, nasce nel 1951 e cresce Najat Sadalla, ex studente dell' accademia di Belle Arti di Firenze, da anni impegnato nella ricerca artistica. La sua pittura e, soprattutto, il suo pensiero non hanno mai dimenticato le origini; in Italia ormai da qualche anno non si è lasciato colonizzare da un paese né da una filosofia che non gli appartengono. La sua pittura risente in particolar modo del clima espressionista quanto a dissonanza cromatica, tinte cupe e raccapriccianti; come pure l' esperienza cubista viene a costituirsi elemento fondamentale in tutte le costruzioni dei quadri. Ma i grandi maestri cui Sadalla guarda continuamente sono Picasso e Matisse: il primo, per l' irruenza che lo caratterizza; il secondo per l'uso continuo delle stesure piatte di colore. La costruzione dei temi viene giocata tutta in superficie in un' ottica bidimensionale; non esiste infatti la ricerca dello spazio, non interessa la rappresentazione prospettica: Brunelleschi, per lui, avrebbe potuto anche non essere nato. E non è forse una delle prerogative dell' arte mediorientale la totale assenza dell' effetto di profondità? Le stesse cattedrali religiose, ricche di mosaici e di estese decorazioni, danno vita ad un giuoco che si rimanda tutto in superficie. Sadalla rivela sì il suo interesse per esperienze pittoriche europee ma tiene a sottolineare la propria volontà di ricerca di un momento-intersezione tra tradizione artistica del suo paese e quella europea del '900. C'è del vero in quello che Sadalla dice: un filo sottile lega la sua tradizione con i due artisti prima citati. Matisse nella sua carriera artistica avrà modo di visitare i paesi d' Oriente, attratto dall' esotismo di quei luoghi, basta ricordare ad esempio la serie infinita dei tessuti finemente decorati che coprono le pareti degli interni nei suoi quadri, dove arabeschi di stoffe e tappeti ne rigonfiano la superficie. Picasso, terrorista della prospettiva rinascimentale, ha senz' altro riavvicinato l' oriente all' occidente trovando una raffigurazione comune; La stessa semplificazione anatomica scoperta nell' arte Africana viene ad avere stretti legami con il mondo di Sadalla. Matisse e Picasso sono dunque il ponte aereo tra i due mondi. Un quadro in particolar modo visualizza quanto detto fino ad ora: si tratta di un interno con fondo in oro, dove sono rappresentate due teste, una cornice e un filo sottile che tiene in sospeso gli elementi. In altri dipinti, dobbiamo dire, che la voluta unione tra tradizione orientale ed esperienza europea non emerge, rimane solo nelle intenzioni. Ciò che tali quadri esprimono è un continuo muoversi nel tentativo di ritrovare questa unione, quello che ne scaturisce è il disagio dell' osservatore. Il cromatismo, spesso sgradevole, rende la stessa aria irrespirabile, francamente nessuno vorrebbe mai abitare gli interni dal pittore illustrati. La stessa costruzione degli elementi è incomprensibile: non si sa mai se ci troviamo di fronte ad una pittura di tipo figurativo o di genere astratto. Le figure umane, << sempre presenti >>, non si vedono mai, si possono indovinare con una buona dose di fantasia e attenzione; e su questo Sadalla sorride. Niente, ci dice, voglio concedere ad un generico spettatore, e niente concede davvero. Il primo istinto è infatti quello di andarsene sentendosi assolutamente non appagati né sul piano estetico né su quello della piacevolezza: la costruzione dei soggetti è il più delle volte impetuosa e sconnessa: piccoli triangoli, rettangoli di colore, linee graffianti, ecc. Insomma questa pittura non vuole essere piacevole, non intende soddisfare il visitatore; la raffinatezza orientale quasi non esiste mentre si fa largo un atteggiamento continuo di protesta e di ribellione di marca espressionista. Nonostante la frammentazione della costruzione dei soggetti, l' unità del dipinto è fatta salva dalla tonalità del colore a volte usato da collante; soprattutto a << L' amore e la musica >> in cui l' uso di tinte fredde quali il verde bottiglia, il viola, riunisce le parti frantumate del quadro. La protesta di Sadalla emerge nel rappresentare il negativo senza dover ricorrere ad una raffigurazione scenica del soggetto; il figurativo, quando traspare, non scade mai nel naturalismo. Un linguaggio non retorico, un accorto non scivolare nella banale ed infantile protesta di chi soffre e chi fa soffrire; il nemico in questo caso non ha un volto, ma è sempre presente nel clima raccapricciante del quadro. Certo che se la tematica è complessa i mezzi espressivi del giovane artista necessitano di ancora molto approfondimento di mezzi e di chiarezza. Una ricerca dell' essenzialità del linguaggio pittorico Sadalla la deve ancora trovare, un freno alle proprie passioni ci sembra fondamentale per una riuscita che sconfini nella rarefazione dei sensi primordiali.

Antonio Lopinto.

 

- Presentazione a cura di Eugenio Giani (Mostra/Inaugurazione del gruppo "Artenoi" Palazzo Panciatichi, Firenze 2017)


La pittura ci aiuta nella scoperta degli altri spesso, nei colori, nei paesaggi si riflettono storie di vita vissuta.
Era importante aprire questa bella collettiva nel Palazzo del Pegaso. Qui affrontiamo il dialogo tra la storia della nostra Toscana e la pittura di artisti cosí diversi tra loro ma accomunati da questa grande passione, l' arte. Il periodo che ci avvicina al 30 Novembre, Festa della Toscana, credo trovi proprio in questa mostra un bel prologo.

Eugenio Giani - Presidente del consiglio regionale di Toscana.

 

- Performance: La Natura Dell' Uomo In Esilio:


Nella vita attuale, in questa società, l' uomo non è più un essere umano nel vero senso della parola. Si è ritrovato sottomesso al peso di diverse condizioni. Suo malgrado ha partecipato e partecipa al processo di disumanizzazione della propria vita. Un aspetto di questa tragedia è l' atroce violenza con la quale si scaglia contro sé stesso e la natura che ci circonda, la paura, l' ansia, la diffidenza e l' indifferenza. Noi protestiamo contro la mercificazione della storia, l' antiquarizzazione dell' arte, la mancata umanizzazione della tecnologia e dei suoi prodotti, e protestiamo anche contro l' uomo che non ha fatto altro che adeguarsi alla funzione di questi gioghi, anziché umanizzare i propri strumenti. Noi speriamo che questa mostra squota da questa indfifferenza, certamente né in senso politico o sociale o religioso ma esclusivamente morale, per recuperare il valore dignitoso della vita umana.

Eugenia Nocentini
Najat Wahid Sadalla

Firenze, 1984.

 

- Trascrizione del servizio di Rolando Nutini riguardante la Performance: "La Natura Dell' Uomo in Esilio" , andato in onda sul telegiornale di rai tre (tg3):


"Abbiamo qui una manifestazione artistica dove si mescolano vari elementi, artistici e non, certamente disposti ad arte, legati da un filo logico e che concorrono tutti a mettere in risalto quella che l' autore definisce 'la natura dell' uomo: Una natura in esilio' : Najat Wahid Sadalla, giovane artista iracheno da tempo in Italia (l' autore appunto) è convinto, e non gli si può dare torto, che in questa società, nella vita attuale, l' uomo non è più un essere umano nel vero senso della parola: Violento contro sé stesso e contro la natura, in preda alla paura, circondato da diffidenza e indifferenza partecipa talvolta suo malgrado alla disumanizzazione della propria vita. La mostra, qui alla panca, vuol mettere in evidenza tutto questo, ed ogni pezzo ha un significato preciso: la corda, le pareti nere, il tronco d' albero attaccato dall' ascia, il sangue, i sassi, la luna ferita: è la realtà per molti aspetti drammatica, rappresentata con una allegoria di indubbia suggestione. E il futuro? Di questo passo dove arriveremo? Le sculture di un altra Artista, Eugenia Nocentini, statuette in materiale ferroso che ci riportano in epoche preistoriche, ammoniscono che il futuro può diventare passato remoto, che il progresso se l'uomo non riesce ad umanizzarlo, sarà un regresso. Una mostra dunque con intenti nobilissimi."


 

- Presentazione della mostra degli artisti Adnan Aloda e Najat Wahid Sadalla presso la biblioteca comunale di Borgo S. Lorenzo (1981):


"La definizione, a grandi linee, dei concetti di base che fanno muovere la nostra azione artistica, senza l' intenzione di togliere all' osservatore la creatività interpretativa, serve ad esemplificare alcuni aspetti veri della nostra realtà. Aspetti peraltro, direttamente riferibili alle condizioni piuttosto critiche che in questo momento storico viviamo, al nostro indirizzo ideologico connesso intimamente alla natura umana, vista nel suo aspetto più vivo e rivoluzionario: una posizione critica dell' artista rispetto alla sua arte e all' evolversi della vita, la dialettica e i rapporti. Il nostro obiettivo non è la disamina della profonda crisi che oggi attanaglia l' Iraq perché crediamo siano chiari i danni e i fallimenti, sia morali che materiali, subiti dalla realtà iraqena (e qui per realtà indichiamo le diverse nazionalità e i diversi orientamenti politici e ideologici presenti sul nostro territorio), ma la conoscenza dell' atteggiamento critico dell' artista nei confronti della sua arte...

Le condizioni di esteso conflitto nella realtà iraqena hanno determinato il formarsi di due principali correnti:

esistono la vecchia corrente che scorre lentamente con prudenza mantenendo parte della propria identità e anche qualche buona individualità

La prima corrente, cosiddetta di palazzo, è legata al regime e allo stesso tempo succube, in forma quasi giullaresca, dello stesso.

Pensiamo che gli artisti legati alla prima corrente abbiano scelto la strada più comoda, ed abbiano poi dato come frutto della dipendenza dal regime un' arte abbastanza volgare, nell' accezione più negativa della parola.

La seconda corrente comprende gli artisti dell' opposizione che, in modo incosciente, disattendono il ruolo dell' arte (<< ...esso conduce con con l' accumulazione positiva ai mutamenti spirituali e rivoluzionari dell' uomo... >>) e isolano l' uomo dal suo ambiente reale, con l' ingenua presunzione di scomporne e deviarne la personalità, in certi casi, e formarla in altri.

Quest' ultimo tentativo è chiaramente riduttivo del ruolo dell' uomo quale essere vivente e pensante.

La ricerca artistica della corrente dell' opposizione verte, unicamente, intorno all' aspetto formale, perché gli artisti che vi partecipano basano il loro lavoro su un' errata interpretazione della natura dialettica dell' arte plastica, rimanendo a livelli puramente imitativi, e affannandosi, per mezzo di astruse argomentazioni, a creare una logica giustificativa per le loro opere,

Il fatto che tutti noi siamo il risultato di una realtà straordinariamente negativa non giustifica la stasi ideologica che porta all' aridità artistica.

Noi vogliamo proporre una nuova concretezza sostenuta da una nuova logica artistica, quindi: << ...una nuova forma per una nuova sostanza, adeguata ad una nuova realtà... >>;
Questo è il principale obiettivo dell' artista moderno.

Ma non solo: dobbiamo anche raggiungere un collegamento organico tra quella parte positiva del patrimonio tradizionale iraqeno e l' arte di avanguardia nel mondo.

Con questi orientamenti artistici è nostra intenzione proporre una concretezza nuova, umana..."

Najat Wahid Sadalla - Adnan Aloda
Borgo S. Lorenzo, 1981.